domenica 8 gennaio 2023

Milanesità


Leggo l'intervista a Greta Sclaunich di Milano Città Stato. Apprendo che Greta Sclaunich è una giornalista friulana che vive a Milano da tredici anni e che tuttora non riesce a definirsi milanese, come tante altre persone che sono nate e cresciute a Milano ma hanno genitori provenienti da altre parti. 

Poco tempo fa notavo invece esattamente il contrario, persone nate e cresciute da altre parti che si definiscono milanesi dopo pochi mesi o dopo aver comprato casa. È una cosa che da un lato mi rende felice perché queste persone si sentono a casa loro nella mia città. D'altra parte mi intristisce un po' che non esitino a rinnegare un retaggio culturale che io non rinnegherei mai. Io resterei milanese anche se vivessi a Londra o a Parigi e anche se credo che mi troverei molto bene sia a Londra che a Parigi.  Ho passato lunghi periodi a Monaco di Baviera, al punto di considerarla una seconda città, ma non ho mai smesso di considerarmi milanese. Anzi, mi scopro ancora più milanese quando sono lontana dalla mia città. 

Non amo i dialetti e ritengo un punto di forza che Milano abbia abbandonato il suo. Ma sono convinta che il linguaggio costruisca e connoti il pensiero. Ho avuto nonni che, pur conoscendo l'italiano, parlavano in milanese tra di loro o con persone di famiglia. Il milanese era per loro una lingua di famiglia e anche se io non lo parlavo e rispondevo in italiano, l'ho sempre capito. I miei genitori parlano italiano ma ogni tanto usano una particolare espressione in milanese per rendere una certa idea che l'italiano non riuscirebbe a rendere con la stessa forza. Sono di solito quelle espressioni da cui scaturisce maggiormente la filosofia di vita milanese, un certo nervosismo e una certa voglia di fare.

Milano si è sempre nutrita e rinnovata grazie ai milanesi di importazione, ma la loro milanesità è sicuramente diversa dalla mia perché diverso è il nostro retaggio culturale. 

Milano è sempre stata una città che cerca la velocità, il milanese d'importazione Leonardo da Vinci arrivò nella Milano di Ludovico il Moro che cercava un sistema di trasporto che rendesse più facili gli spostamenti. Per questo mi infastidiscono un po' le persone come Greta Sclaunich, che invece vorrebbero ingessare gli spostamenti e che chiedono più piste ciclabili a un sindaco che sta dando fondo alle piste più fantasiose. Anche la retorica della misura d'uomo stanca perché la misura d'uomo è tanto più piccola quanto più è limitato l'uomo. E Milano è sempre stata animata dallo spirito dei milanesi, che, per quello che li ho conosciuti io, vogliono andare oltre quei limiti. È quella spinta ad andare oltre i limiti che ha permesso ai non milanesi di trovare qui il lavoro che cercavano, ma senza quella, imponendole dei limiti che la snaturerebbero e la trasformerebbero in un paesone, Milano avrebbe ben poco da offrire e non avrebbe più senso trasferircisi. Perché resta la città di Ludovico il Moro e di Carlo Cattaneo e prescindere dalla sua eredità culturale significa distruggere il retaggio culturale che è la sua essenza.