Parli di un libro in gruppo di lettura di Facebook e l'autore è un politico che sta dalla parte sbagliata.
Non era un politico quando ha scritto il libro e stava pure dall'altra parte, ma adesso le cose sono cambiate. E allora ti ritrovi una serie di risposte da parte di persone che il libro non l'hanno letto ma sanno che lo stile fa schifo, che non è un libro che può restare nella memoria.
Nel caso migliore scrivono che loro hanno un pregiudizio verso questo autore-politico e se lo tengono stretto. Il che ci sta, perché tutti abbiamo dei pregiudizi, eppure, quando li superiamo, quando attraversiamo il fossato e vediamo cosa c'è dall'altra parte, quasi sempre scopriamo che il nostro pregiudizio era davvero sciocco.
Leggere per me significa soprattutto attraversare quel fossato, andare oltre noi stessi, vedere cosa c'è dall'altra parte. Per questo ritengo che abbia poco senso raggomitolarsi nei propri pregiudizi e leggere solo chi dice quello che già pensiamo, perché così stiamo bene e ci sentiamo rassicurati. Io credo che si debba leggere soprattutto chi la pensa diversamente da noi, per capire e per concludere una volta di più che sbagliano. O forse, qualche volta, per stupirsi di non essere così lontani.
Ma forse pretendo troppo dai lettori, soprattutto da quelli impettiti che ci tengono a essere colti e che ti considerano inutilmente snob se leggi un libro in lingua originale.