domenica 6 giugno 2021

Ristoranti


Ieri finalmente siamo tornati nel nostro ristorante preferito. È il ristorante vicino a casa, che abbiamo scoperto qualche anno fa, appena aveva aperto. Il proprietario e il personale sono ormai amici, persone che vediamo volentieri, e il piacere di chiacchierare con loro si unisce al piacere di una cucina di ricerca, che gioca con l'accostamento dei sapori, con il gusto per i contrasti. Il ristorante di Edoardo è cambiato parecchio in questi anni, mantenendo ed esaltando la sua linea elegante e l'amore per i prodotti di qualità.
Edoardo è un ragazzo giovane, il ristorante è cresciuto e cambiato con lui e probabilmente cambierà ancora. Appena si entra nel locale si notano l'entusiasmo e l'amore per il suo lavoro. Entusiasmo e amore che condivide con le persone di cui ha scelto di circondarsi. I ragazzi come Edoardo e il suo team sono la nostra migliore gioventù, quella che lavora, che si impegna, che investe, che ama il bello e la qualità e li mette in quello che fa.
È per i ragazzi come loro che mi è dispiaciuto in questi lunghi mesi, i ragazzi che non sognano il reddito di cittadinanza e di cui un paese ha bisogno se vuole mantenere un sistema di welfare. Mi è dispiaciuto perché se spegniamo l'entusiasmo di questi ragazzi, se togliamo loro la possibilità di lavorare, il nostro paese è morto.
In questi giorni, in concomitanza con la riapertura dei ristoranti, si è aperta però anche la questione della difficoltà di trovare il personale. Nel primo articolo che ho letto, poneva il problema Ciro Oliva, che lamentava il fatto che i ragazzi preferiscono prendere il reddito di cittadinanza o fare un lavoro in nero, piuttosto che lavorare con un regolare contratto e uno stipendio - nella migliore delle ipotesi - di poco superiore al reddito.
Ieri ne ha parlato Gramellini, con un articolo sugli "stipendi alla carlona". 
In parte, probabilmente hanno ragione sia Gramellini che Ciro Oliva: la situazione è difficile per tutti e da entrambe le parti ci sarà chi se ne approfitta. Ma poi, da entrambe le parti, c'è chi invece soccombe. 
È stata rispolverata la legge della domanda e dell'offerta e la solita storia del capitalismo che sfrutta e non vuole pagare le risorse in modo equo. Si è dimenticato però che, proprio in base alla legge della domanda e dell'offerta, il prezzo equo delle risorse viene stabilito nel punto in cui domanda e offerta di un bene si incontrano, ma quel punto varia di volta in volta, in base a diverse variabili. In questo momento, dopo mesi di chiusura, il punto di incontro non può più essere quello pre-covid. I datori di lavoro non saranno più disposti a pagare il lavoro quanto lo pagavano prima, magari non per loro volontà ma perché non sono più in grado di farlo. Oppure perché stiamo comunque parlando di persone e le regole matematiche non valgono più o valgono meno. Il lockdown quasi improvviso, senza una scadenza, ha creato uno choc nelle persone che è destinato a ripercuotersi sull'economia. Si è creato un precedente per cui molte meno persone saranno disposte ad investire in un'attività e ancora meno a indebitarsi per investire. 
Chi maledice il capitalismo e in qualche modo esulta perché ne intravede la fine, dovrebbe rendersi conto che alla base del mancato incontro tra domanda e offerta c'è una variabile non proprio capitalistica: il reddito di cittadinanza, che rende poco conveniente lavorare allo stipendio che i ristoratori sono in grado di pagare. 
D'altra parte, per un lavoratore, soprattutto per chi non percepisce il reddito di cittadinanza, è problematico lavorare ad uno stipendio troppo basso perché il costo della vita non è diminuito, al contrario è aumentato ed è destinato ad aumentare, visto che si parla di aumento dell'IVA. In Germania un anno fa l'IVA è stata abbassata dal 19 al 16%. In Italia, con un'aliquota al 22%, si sta pensando di alzarla, aumentando quindi il costo dei beni ed erodendo potere di acquisto. L'avidità fiscale, che non è certo una prerogativa capitalista, è un altro elemento che rende impossibile l'incontro tra domanda e offerta e rischia di bloccare i consumi, oltre che di strozzare gran parte della popolazione. 
La situazione è complicata e i nodi che stanno emergendo sono quelli che mi aspettavo sarebbero emersi fin dal primo lockdown. Quando si spegne un paese e si distrugge un tessuto produttivo e commerciale, poi è complicato farlo ripartire, si mettono in moto dinamiche e si generano squilibri difficili da prevedere e da arginare. E sicuramente non si uscirà da questa situazione con i vecchi schemi ideologici di odio per il capitalismo, di imposizione fiscale rapace, di scontro tra diverse categorie della stessa popolazione. 

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