martedì 22 giugno 2021

La maturità

In questo periodo, come sempre e come è naturale che sia, si fa un gran parlare della maturità. Da due anni è una maturità anomala, come tutto quello che è successo in questi nuovi anni Venti. La mia maturità è stata invece alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso e in certi momenti sembra davvero che sia passato un secolo, nonostante quegli anni li senta ancora così vicini. Erano anni frenetici, senza cellulari ma con telefoni fissi sempre attivi. Erano anni in cui si parlava di automobili con entusiasmo, senza pensare al riscaldamento climatico. Il caldo e le estati torride erano anzi una cosa bella perché permettevano di stare fuori e di incontrarsi. Non che in inverno e con il freddo non ci si incontrasse, ma era diverso. Sono quelli gli anni in cui mi sono formata. Anni di letture, di scoperte, di progetti. Eppure quando penso alla maturità - alla mia maturità - non me la ricordo più. "Non si dimentica mai," mi dice ogni tanto qualcuno. E invece io la mia me la sono dimenticata. Mi sono dimenticata dell'esame, intendo, mentre invece mi ricordo che la sera prima dell'orale ero andata al bowling. Mi piaceva quello che studiavo, perché studiavo soprattutto letteratura. Pensavo spesso a Heine, ma anche a Morten Harket. Alla domenica andavo a Le cinéma, che era dietro la casa di mio marito, ma lui dice che non ci andava perché era un posto da tamarri.



Dopo però il tempo è passato troppo velocemente e non so quanto di allora mi sia rimasto, anche se in questi due anni mi sono resa conto che mi è rimasto molto: gli anni Ottanta, in me, non sono mai morti del tutto. E nello stesso tempo mi è rimasta quella nostalgia di avere diciannove anni e ancora tutto davanti. Chissà se i ragazzi di adesso, alle prese con una maturità mutilata, avranno un ricordo ancora più evanescente del mio, oppure se la ricorderanno meglio proprio perché è stata unica e diversa. E chissà se ripensandoci conserveranno la stessa nostalgia di chi ha vissuto un periodo speciale. 

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