domenica 30 luglio 2023

Un capo per amico

La prima volta che l'ho visto lavoravo da pochi giorni nella  società in cui lui non lavorava più da qualche mese. Era venuto per un pranzo con i suoi vecchi colleghi, che erano i miei nuovi colleghi. Ci fece ridere tutto il tempo, con le sue battute, con i suoi aneddoti. Anche il cameriere rideva e, alla fine del pranzo, mi sembrava di conoscerlo da tempo. 

Lo rividi per una cena e qualche aperitivo. Quando tornò a lavorare nella stessa società e diventò il mio capo, lo conoscevo ormai bene. 

Avevamo scelto una causa comune, quella di tenere in vita la società per cui lavoravamo. Era una causa persa in partenza, ma noi ci credevamo.

Abbiamo combattuto insieme per quella causa, in tutti i modi in cui abbiamo potuto. 

Me ne andai pochi mesi prima che lui annunciasse la chiusura, ma non abbandonai la nostra causa. Ricordo i nostri pranzi, con le insalate comprate da Eats, oppure i nostri caffè, in cui ci scambiavamo preoccupazioni e consigli. 

In ogni momento, ci salvava il suo senso dell'umorismo, la sua capacità di vedere il lato positivo e di strappare una risata spontanea a tutti. 

Dopo aver annunciato la chiusura della società, mi chiamò. "Non ti ho mica detto che è morto qualcuno!" esclamò ad un certo punto. 

Adesso, dopo oltre dieci anni, risento le sue parole e non posso credere che non sentirò più la sua voce, che non risponderà più ai miei messaggi. Mi mancherà per sempre. 

Dico che mi passerà ma so che non è vero. Soltanto mi abituerò e forse, adesso che l'ho scritto, sto già iniziando. 



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