Quand'ero bambina, la F1 era una zanzara che passava dalla televisione, nelle domeniche di sole al lago.
La zanzara è tornata in casa mia quando sono andata a vivere con mio marito e allora, ogni tanto, con il sole che entra dalle finestre aperte, mi sembra di tornare a quelle domeniche, con mio nonno seduto fuori, che guardava la televisione, mentre noi giocavamo lì accanto. Avremmo potuto disturbarlo, ma non lo disturbavamo: gli adulti lo infastidivano velocemente, i bambini mai.
La F1 a volte mi annoia, la ascolto ma non la guardo. Con il Motogp è diverso, perché è più veloce e a volte io e mio marito ci guardiamo stupiti di aver urlato, per la gioia o per la delusione.
Con la F1 siamo più composti, per mio marito l'importante è che vinca la Ferrari, chiunque la guidi. Per me l'importante è che vinca Raikkonen, qualunque macchina guidi, dopo quella gara di tanti anni fa, che portò a termine nonostante l'auto semidistrutta. Ma se anche non vince non importa.
Ieri eravamo fuori, non mi sono nemmeno accorta della F1, fino alla sera, fino a quando ho visto le immagini e questo ragazzo, Charles Leclerc, che mi era già simpatico ma adesso lo è di più. Questo ragazzo che sorride e che non fa tante storie, contrariamente al suo compagno di squadra, e che ha scelto la posizione più semplice e logica, ma non la più scontata o la più comoda, prima di arrivare secondo in una gara in cui partiva malissimo.
In fondo ha anche lo stesso nome di mio nonno.
In fondo ha anche lo stesso nome di mio nonno.
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