domenica 12 luglio 2020

Ancora tu!

E io che credevo di non guidarti più!! Eravamo sempre insieme, avanti e indietro per le strade, per anni tra Milano e Corsico. E poi tra casa e via Washington, tra casa e il supermercato. Quando cambiavamo percorso, ogni tanto, ci perdevamo, con Tuttocittà sul sedile del passeggero, e trovavo la via quando eravamo già da un'altra parte. Una sera ci siamo perse a Lampugnano, continuavo a girare per file di case tutte uguali e non sapevo come uscirne. Allora ho chiamato mio marito, che si è irritato perché stava dormendo e poi si è irritato ancora perché non sapevo nemmeno dirgli dove fossimo.
Li ho contati, sono tredici anni che non ti guidavo più. Nei miei sogni più agitati tento di fare un numero girando la rotella di un enorme telefono grigio e la rotella non si gira, il mio dito non riesce a fare quel numero. Oppure giro la chiave nella serratura di una porta che, per quanto io giri, non si chiude. Altre volte ti sto guidando e la marcia non entra. In quei sogni sei sempre tu che sto guidando, la marcia che non entra è sempre la tua. Non quella dell'Alfa, con quell'assurda retromarcia che stava davanti. Ci sono state altre macchine, in questi tredici anni, macchine più grandi, più comode, automobili vere, ma che non sono mai state veramente mie, perché non avevo più bisogno di una macchina tutti i giorni. "È troppo grande per te," ha detto mio padre di tutte quelle auto, perché per lui un'automobile è come un paio di scarpe, ha la taglia.
Domani saremo di nuovo insieme, magari tirerò un po' troppo quel cambio, ma sarà bello al semaforo avere una macchina con una gran ripresa e fare una partenza tamarra, come quelle che non si possono fare con le altre automobili.

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