sabato 24 aprile 2021

Sarah Voss

Sarah Voss è una ginnasta e ha deciso di esibirsi con una tuta lunga fino ai piedi. Una tuta che è una seconda pelle, più o meno simile a quelle che indossavamo in palestra (quando andavamo in palestra) in inverno. Perché poi in estate diventavano insopportabili. Ma se una aveva voglia di mettersela, se la metteva e non importava a nessuno. E probabilmente non sarebbe importato a nessuno della tuta di Sarah Voss, se lei e i giornali non avessero deciso di farne una bandiera moralistica. Come se quella tuta superaderente fosse un'arma per combattere l'oggettivazione delle donne, per mettere fine agli sguardi viziosi e bavosi di quegli uomini che, a quanto pare, guardano gli eventi sportivi solo per vedere la pelle scoperta. E allora che le donne si coprano, questa è la conclusione, che lascia - non detto - il retropensiero che le altre, quelle che vanno avanti per la loro strada, quelle che se ne fregano degli sguardi viziosi e bavosi, perché pensano che non siano un problema loro ma di chi li lancia, ecco, quelle donne lì un po' complici lo sono: sono loro, con il loro atteggiamento, con il loro essere libere, a non essere libere, ad alimentare la cultura per cui le donne debbano essere un oggetto da guardare.

Ho paura che tra poco non sarà più una libera scelta indossare una tuta oppure un'altra. 

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