L'ho letto ieri sera, al termine di un sabato sera tranquillo: Paola Marella se n'è andata. E sembrava impossibile, guardando la vita che traboccava dal suo viso nella foto.
Non la conoscevo ma ci eravamo incrociate qualche volta, per le strade della nostra città o sui social. Avevamo avuto qualche scambio, condiviso qualche opinione.
Mi piacevano i suoi post, leggevo sempre la citazione del lunedì mattina, con cui dava il via alla settimana, mi piaceva guardare le foto con cui offriva suggerimenti su come arredare un terrazzo o rendere più fruibile un piccolo balcone. Oppure le foto di luoghi noti ma di cui magari restava da scoprire ancora qualcosa.
Paola Marella era una persona gentile e sorridente, elegante di quell'eleganza che non ha bisogno di essere cercata. E nel suo sorriso, nel suo modo discreto di affrontare la malattia e di andarsene, ho trovato la milanesità vera, quella dei miei nonni e che qualcuno cerca di stereotipare, facendone un marchio insulso.
Paola Marella incarnava le caratteristiche della Milano che amo e che anche lei amava. Se n'è andata nell'ultima sera della stagione che preferiva e resta il vuoto che lasciano sempre le persone che riempiono lo spazio senza fare chiasso.
Mi è tornata in mente una sera del tempo in cui lavoravo in centro e, uscita dall'ufficio, mi ero trovata davanti un cartellone posto accanto al Duomo, in cui presentava il suo nuovo programma. Ho pensato a quel periodo, a quanto tempo è passato senza che me ne accorgessi, al mio capo di allora, che se n'è andato poco più di un anno fa, senza che riuscissi a salutarlo.
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