sabato 24 ottobre 2020

La bisnonna

In questi mesi ho pensato spesso alla mia bisnonna, l'unica che ho conosciuto. La cosa che ricordo meglio è il suo sorriso, luminoso e pieno di affetto, nonostante dicono che avesse un pessimo carattere. La ricordo poi seduta accanto alla finestra, arrabbiata per qualcosa che le avevano detto, mentre insultava, uno per uno, i nipoti, la nuora, la cognata. C'era qualcosa di maestoso nella sua ira, che fece tacere tutti. Eppure mi sembrò molto divertente.

L'ultimo ricordo che ho è quello di una camera di ospedale, mia madre che la aiutava ad alzarsi un poco dal letto, per bere qualcosa. Guardavo i loro profili, che sarebbero stati identici, se non fosse stato per la differenza di età.

Qualche giorno dopo morì e, siccome a cena guardavamo sempre il telegiornale e il giornalista parlava dei morti del giorno, con una loro foto alle spalle, aspettai per tutto il tempo che parlasse anche di lei e che apparisse la sua foto. Ci restai malissimo quando il telegiornale finì senza neanche un accenno.

Adesso mi capita di pensare a come avrà vissuto gli anni della spagnola, esplosa l'anno in cui partorì, e mi verrebbe voglia di chiederle: "Com'è stato che siete tornati normali?"

Ma in realtà lo so.

Erano una generazione che ha vissuto due guerre, vivevano in case di ringhiera, erano abituati a condividere con estranei persino il bagno, che noi quasi fatichiamo a spartire con i familiari. Non si sarebbero mai chiusi in casa, a morire di paura, da asintomatici.

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