martedì 14 dicembre 2021

Alberto Savinio

Dio ha dato la vita ai milanesi, la bella vita i milanesi provvedono a darsela da sé. - Alberto Savinio (Ascolto il tuo cuore, città)



Il libro più bello che sia mai stato scritto sulla mia città è questo, di Alberto Savinio, scrittore dimenticato e autore di pagine tra le migliori della nostra letteratura. 

Nei suoi giri per Milano, tra le strade e attraverso il tempo, Savinio ha colto l'essenza di questa città, a volte così difficile da amare. Una città a volte ostile e difficile, che bisogna vivere per capire e per ritrovarsi. 

giovedì 2 dicembre 2021

Sere d'inverno

"Oggi è una bella giornata, dopo faccio un giro."

"Una bella giornata? Tanto quando esci tu è come se fossero le due di notte."

"Sì, ma ci sono le luci che illuminano la serata."



domenica 21 novembre 2021

Svegliarsi negli anni Venti

LLC chiedeva un libro il cui titolo rispecchiasse la nostra vita adesso. E quale miglior titolo allora di questo libro, dal quale non ero riuscita a staccarmi mesi fa? In libreria l'avevo aperto proprio nella pagina in cui parlava di Mrs Dalloway, la stessa Mrs Dalloway che ha cambiato per sempre la mia idea di letteratura. Mrs Dalloway si risveglia negli anni Venti al termine di una guerra e dopo essere guarita dalla spagnola.
Negli anni Venti si è svegliato anche Houellebecq, poche pagine prima, nello stesso capitolo, con quel suo pezzo in cui parlava di noi e del mondo che stiamo costruendo, togliendoci l'illusione che sarà migliore. Quel suo "un po' peggio" ha reso un po' meglio i giorni non-giorni, il non vissuto di quel primo lockdown, in cui anch'io mi sono svegliata negli anni Venti e avrei voluto riaddormentarmi e tornare al mondo di prima. In fondo anche Stefan Zweig si risvegliò negli anni Venti.



sabato 13 novembre 2021

Manifestazioni



Alla fine del 2019 avevo trovato, a casa dei miei genitori, una vecchia foto in cui indossavo una pelliccia ecologica. Quella foto mi aveva fatto venire in mente un sabato pomeriggio in cui, mentre camminavo in via Dante, mi ero trovata in mezzo a una manifestazione di animalisti e un poliziotto mi aveva consigliato di deviare per una via laterale. Avevo detto che era ridicolo perché la mia pelliccia era fintissima e si vedeva benissimo, ma lui era preoccupato perché non si poteva mai sapere, perché il ciima era teso e qualcuno avrebbe potuto scambiare la mia pelliccia per una pelliccia vera, così mi aveva convinto. 

Quel ricordo, due anni fa, mi ha portato a scrivere un post in cui dicevo che in ogni forma di corteo o di manifestazione vedevo una violenza nei confronti di chi in quella strada voleva passare o lavorare. La violenza di una manifestazione che, negli anni Settanta, aveva spinto i miei genitori a farci rifugiare in un cinema, insieme a altre persone. 

Pur continuando a pensarla così, pochi mesi dopo, a marzo del 2020, mi sono stupita che non ci fossero manifestazioni proprio quando venivano limitati i diritti fondamentali e soprattutto il diritto al lavoro per le categorie considerate inutili. Poi mi sono stupita che non ci fossero proteste un anno fa, quando ci hanno detto che avrebbero controllato chi entrava in casa nostra.

Adesso le proteste sono arrivate e mi sono stupita ancora che siano arrivate proprio per i vaccini, qualcosa che dovrebbe, se non salvarci la vita, almeno proteggerci. Eppure è legittimo avere un'idea diversa, non credere nei vaccini e addirittura tenerli. Capisco le ragioni dei commercianti che vorrebbero lavorare in pace per recuperare il tempo perso, sono le stesse ragioni per cui due anni fa avevo scritto quel post. Forse però se quei commercianti avessero protestato prima non saremmo a questo punto adesso.

E forse dovremmo stare attenti a quello che potrebbe succedere dopo. Non sarebbe male leggere Alexis de Tocqueville, magari iniziare a leggerlo a scuola, iniziare a capire che alla base di tutto, il punto di partenza è la cultura. 

martedì 9 novembre 2021

Berlino

Quando tornai da Berlino, per circa due settimane, continuai a svegliarmi di notte pensando a tutti quelli che, negli anni in cui io ero a Monaco e andavo al concerto di Michael Jackson, avevano cercato di scappare.



giovedì 28 ottobre 2021

Discriminazioni


"Tu lo dici che la mamma e il papà sono cugini?" ho chiesto tempo fa a mia sorella.

'Sì ma la gente si sconvolge."

Io di solito lo dico, perché ormai mi sono abituata agli occhi che si abbassano e magari mi contano le dita o mi cercano la seconda testa. Eppure qualche volta evito, perché non mi sono mai abituata del tutto al lampo di orrore che attraversa certi sguardi. E anche se spesso, tra di noi, ne abbiamo riso, a volte stanca..

Il ddl Zan non si occupava di questo. Probabilmente questo tipo di discriminazione non è mai passato per la testa di Zan. Del resto, quel lampo di orrore l'ho visto anche negli occhi di tanti paladini del ddl Zan. Perché per superare certe discriminazioni non basta un disegno di legge, occorre un cambiamento culturale, un passaggio intellettuale, che porti a superare l'ignoranza. Non credo che un disegno di legge possa evitare che il mio interlocutore abbassi gli occhi e mi conti le dita. 

domenica 24 ottobre 2021

Noi milanesi


Domenica mattina, cappuccino e Io donna. Il risveglio pigro di un giorno di tregua tra due settimane di lavoro e di frenesia. Quella pigrizia che io amo proprio perché amo il lavoro e la frenesia.
Da giovane mi è capitato di passare dei lunghi pomeriggi domenicali di grande noia, in cui aspettavo il lunedì perché io amo il lunedì, la ripresa della vita, delle corse. Amo poi anche la domenica, quando posso finalmente dormire, ma la amo di più quando la stipo di impegni, di cinema, teatro, giri in libreria e tutte quelle cose che mi piace fare e il tempo è sempre troppo poco. 
Qualche sera fa, mentre sistemavo un cassetto, ho notato che ho così tanti pigiami che non riuscirei a metterli tutti nemmeno se dormissi tutta la vita, senza fare nient'altro. E ho così tanti libri che non riuscirei a leggerli tutti nemmeno se leggessi e basta per tutta la vita. 
Perché noi milanesi siamo così e Milano frenetica e di corsa lo è sempre stata fin dai tempi di Ludovico il Moro. La frenesia, la voglia di fare e di rubare tempo al tempo sono sempre state nel suo DNA. Per questo la Milano di Sala non è la Milano dei milanesi. È la Milano di quelli che vengono da fuori, che non hanno avuto nonni milanesi. È la Milano di quelli che cercano la "misura d'uomo" e sono convinti che quella misura sia spostarsi di appena quindici minuti. Una Milano fatta di quartieri, che ricalcano quei paesi sparsi per l'Italia, dai quali loro provengono, dimenticando di essere venuti qui proprio per trovare altro e che Milano offriva altro proprio perché non era così. Un giorno si accorgeranno tutti di avere sbagliato e i politici si accorgeranno di aver sbagliato ad avere abbandonato Milano, dimenticando che i grandi processi politici sono partiti da qui. Togliere Milano ai milanesi, snaturarla, è un errore, ma forse se ne accorgeranno tardi. Per ora Milano sarà governata da un sindaco che ha stravinto e che, forte di questa vittoria, potrà dimenticare di essere stato votato solo dal 27% degli abitanti, potrà continuare a ignorare chi, non sentendosi rappresentato, non ha votato, potrà continuare a costruire piste ciclabili fantasiose, bloccare le auto e nello stesso tempo anche i tornelli del metrò, perché i treni sono troppo affollati da persone che devono andare a lavorare.
E anche su Io donna trovo Milano e noi milanesi, raccontate da Michela Proietti, che ci racconta come ci vede chi viene da altre città, con l'ironia simpatica e divertente, che costruisce un ritratto in cui però non mi riconosco. Un ritratto in cui non possono ritrovarsi le nipoti delle donne com'era mia nonna. Eppure ho comprato il primo libro della Proietti e forse comprerò anche il secondo. Perché è bello scoprirsi per come si appare e è bello anche che ci sia questo interesse per le milanesi, per la milanesità (se questo termine ha un senso) che non c'è per le abitanti di nessun'altra città.
E poi, a distanza di qualche pagina, c'è un'altra milanese, una donna di cinquant'anni, che mi piace per la cultura e l'intelligenza non ostentate ma che emergono da ogni sua risposta, una donna che ha vissuto la Milano anni Ottanta che ho vissuto io. In quegli anni frequentavamo lo stesso liceo, io e Federica Fracassi. Non mi ricordo di lei, credo che non ci siamo mai parlate, anche se magari qualche volta le nostre strade si sono incrociate sulle scale del nostro liceo. Peccato. Peccato che non ci sia capitata l'occasione di conoscerci in quegli anni, che adesso sembrano felici e spensierati, perché i crucci di allora sono dimenticati e resta solo il ricordo di tutta quella voglia di correre e di buttarsi nella vita. Tutto quello che allora mi faceva scoprire di amare il lunedì. 

sabato 16 ottobre 2021

Cavour e il nostro tempo

"La scossa che ha rovesciato il più grande sovrano d'Europa ha reso vacillante il trono di tutti gli altri monarchi, tanto che la maggior parte di loro ha ritenuto di dover raddoppiare la vigilanza, per reprimere gli animi infiammabili; condotta che si può perdonare a persone che non sanno che la forza elastica del gas cresce proporzionalmente alla pressione che sopportano."

"Il nostro governo non ama l'industria; me ne convinco ogni giorno di più; vede in essa un ausiliario del liberalismo, e prova per essa una ripugnanza che non riesce a vincere." 


"Sì, mio caro, sono ormai due mesi che respiro un'aria satura d'ignoranza e di pregiudizi, ed abito in una città dove bisogna nascondersi per scambiare qualche idea che esca dalla sfera politica e morale in cui il governo vorrebbe tener imprigionati gli spiriti."



Non pensavo di trovare tra le lettere di Cavour così tanto del nostro tempo, di questi nostri giorni fermi. E viene naturale però chiedersi come sia stato possibile che lo stato costruito da un uomo così aperto al progresso e di vedute così ampie, si sia ripiegato su se stesso in questo modo. Com'è stato possibile che dopo non ci sia stato più nessuno alla sua altezza?

Dopo due anni di pandemia e di lockdown che hanno massacrato un tessuto produttivo già fragile, ci troviamo divisi tra chi considera il vaccino il male assoluto e chi vuole imporre a quelle stesse persone una tessera per lavorare. Non vedo molta differenza culturale tra queste due fazioni, credo che siano il risultato dello stesso vuoto. E intanto le proteste ci porteranno a altri lockdown. Forse, quando avremo toccato il fondo, ci renderemo conto di quello che stiamo facendo. 


martedì 5 ottobre 2021

Ottobre

C'è sempre una sera in cui entro a casa e sono felice di smettere di avere freddo e allora penso, inevitabilmente, che i pantaloni estivi sono troppo leggeri e forse anche le scarpe. È in queste sere che l'estate mi manca di più.



sabato 2 ottobre 2021

La 194

Il testo della legge 194 lo lessi intorno al 1996, più o meno quando, con indicibile rirardo, la violenza sessuale diventò reato verso la persona invece che verso la morale. Il testo della legge 194, quando avevo meno di trent'anni, mi fece inorridire perché ci trovai gli inchini e i compromessi con un moralismo ipocrita. Quel moralismo appiccicoso contro cui ero andata a sbattere molte volte nella mia esistenza fino ad allora e da quel senso di appiccicaticcio mi aspettavo che saremmo riuscite però a ripulire il mondo, o perlomeno il nostro paese. Per me la decisione di abortire era e resta una decisione difficile e devastante, che porta già in sé un enorme disincentivo: se una donna decide di abortire merita solo rispetto e silenzio, oltre che di ricevere le migliori cure possibili. 

Con il senno di poi, la legge 194 era la miglior legge che si potesse ottenere a quei tempi, alla fine degli anni Settanta, e l'obiezione di coscienza che, alla fine degli anni Novanta, mi sembrava assurda, un gesto di tolleranza e civiltà nei confronti di chi quella professione l'aveva scelta quando le regole erano diverse, quando l'aborto era illegale. Una tolleranza che però poche altre volte ho ritrovato in modo così assoluto. Ma che dire adesso, che l'aborto - piaccia o meno - è legale da quando molti medici non erano ancora nati? Ha davvero senso che adesso qualcuno scelga una professione e poi obietti? È accettabile, nel 2021, sentir parlare ancora di aborti clandestini?  La legge 194 andrebbe toccata e ripulita definitivamente da quella patina appiccicosa che la imbratta. E invece, ancora intrise di quella patina, additiamo una statua, perché ha il vestito che scopre un corpo sbagliato. 


martedì 21 settembre 2021

Il potere della fede

"Come va?" chiedo.

"Bene, benissimo, siamo contenti!! Devo dire che la fede al dito è una bella sensazione, dà un senso di forza e di unione!"

"Ah sì?" dico un po' perplessa. Devono avermi rifilato una fede farlocca. 



sabato 18 settembre 2021

Ultime sere d'estate


Al Don Lisander vale la pena di fare almeno una cena ogni estate. Noi l'anno scorso abbiamo saltato e stasera è stato bello tornare nel giardino nascosto dietro un cancello di via Manzoni. È un giardino in cui si consumano le sere d'estate, quelle più lunghe, che sembrano non finire più, quando la stanchezza della mattina sembra meno stancante.

Il Don Lisander è un posto piacevole, a Milano, eppure fuori Milano, pieno di storia e capace di innovare, mescolando piatti della tradizione a nuove creazioni, sempre colorate, sempre interessanti. Ci sono tanti stranieri, persone che sono in vacanza nella nostra città, e per una sera, mentre siamo rimasti lì, ci siamo sentiti in vacanza anche noi, in quest'estate che vorrei dilatare all'infinito. Non so come sarà dopo, come saranno i prossimi mesi, ma questa sera, in un giardino milanese, nascosto tra le strade del centro, la normalità sembrava una cosa facile. 

sabato 11 settembre 2021

Quell'11 settembre

I post di oggi sono tutti dedicati a quello: sono passati vent'anni da quell'11 settembre, che ha cambiato il mondo e l'ha reso un po' più brutto. Ci siamo abituati a viaggiare senza bottigliette d'acqua e senza forbici. Automaticamente, scegliamo contenitori da viaggio per liquidi che siano piccoli, li mettiamo in una busta di plastica e nemmeno ci ricordiamo perché. Non ci ricordiamo che una volta ci sarebbe sembrato assurdo e che per tanto tempo abbiamo viaggiato con le forbici e l'acqua. Ci ricordiamo invece tutti benissimo dove eravamo quel giorno e cosa stavamo facendo. Sembra passato poco tempo e poi invece diventa tanto per tutte le cose che sono successe e cambiate.

Quel giorno abbiamo avuto la consapevolezza che avrebbe potuto succedere ancora e ovunque e che con questa consapevolezza avremmo dovuto vivere sempre. 

Mi ricordo le immagini di Arafat che si faceva riprendere mentre allungava il braccio per donare il sangue e quelle di alcuni palestinesi che esultavano. 

E poi mi ricordo il libro di Don DeLillo, Falling Man, un libro che non mi era piaciuto, che non ho più, ma che spesso mi torna in mente e ogni volta che ci ripenso mi rendo conto di quanto fosse bello. E bella è quella frase, scontata e rassicurante, che ad un certo punto la protagonista scopre e ripete nella sua mente, perché le cose ovvie e scontate sono quelle che fanno stare bene quando tutto precipita: «The sun is a star».


martedì 31 agosto 2021

La palestra


La dottoressa della palestra mi ha detto che bisogna perseverare e non lasciarla. Fosse facile: è stata chiusa per mesi e quando stai tanto senza andarci è un attimo non andarci più. Poi, faticosamente, ricominci e non riusciresti più a smettere.

Mentre preparavo la borsa mi veniva quasi da piangere, cercavo di ritrovare i gesti che non facevo più da troppo tempo. Era come rientrare negli abiti di una persona che amavo, la persona che ero e che questi mesi mi hanno un po' portato via. 

Mi sono iscritta il 31 agosto 1994, credevo che non ci sarei andata mai, invece dopo poco tempo mi sono resa conto che era la cosa che mi faceva stare meglio. Tranne nei brevi intervalli che sono seguiti a due interventi, ci sono andata sempre, tre volte la settimana, senza saltare, anche se arrivavo tardissimo e avrei avuto voglia di correre a casa, ma, dopo la doccia, ho sempre pensato: "Meno male che sono venuta!"

Ventisette anni fa ho conosciuto in palestra un ragazzo che non sopportava "chi in palestra faceva salotto", chi faceva la panca con meno di 50 kg, che quando occupava la  macchina dei femorali ci stava tantissimo, alternandosi  con un altro. Qualcuno lo chiamava il Coach.

Circa un anno dopo ero alle Messaggerie Musicali con un'amica, eravamo appena tornate da una vacanza negli Stati Uniti, e l'ho visto, esattamente un piano sotto il punto in cui anni prima avevo trovato il primo libro di Heine. Aveva preso un disco, guardava la copertina, e io mi ero fermata a guardarlo. "È un ragazzo che viene in palestra," ho detto alla mia amica.

Quel giorno non sapevo che avrei sposato il Coach. 

martedì 24 agosto 2021

Rientro


L'ultima sera è apparsa la tartaruga. L'avevo cercata per tutta la vacanza, poi l'ultima sera l'abbiamo trovata, che passeggiava in giardino.

Luglio è lunghissimo, le due settimane di vacanza invece passano in fretta, si consumano tra bagni, passeggiate sulla spiaggia, letture, cene all'aperto. E la fine arriva sempre prima di quanto ci si aspettasse.

La penultima sera, al ristorante, in mezzo a un gruppone, c'era Ligabue. Lo guardavo, incerta che fosse lui, poi mi ha sorriso, e allora ho capito. I ragazzi accanto a noi volevano fare una foto ma non gliel'hanno chiesto perché stava mangiando. Erano giovani, avevano vissuto la vacanza in bilico tra la voglia di dormire e quella di vedere tutto, di non perdere neanche un minuto. Mi hanno ricordato noi, le nostre prime vacanze, che sembrano vicine e che invece sono lontanissime.

Nel frattempo sono entrati altri due ragazzi, hanno visto Ligabue e gli hanno chiesto di fare una foto, senza farsi tanti problemi. E lui l'ha fatta, senza tante storie. Così, per l'ennesima volta, ho pensato che a tirarsela non è mai chi avrebbe motivi per farlo, ma chi di motivi non ne ha proprio, come le signore di una certa età, che credono di trattenere brandelli di giovinezza con una borsa di marca e la puzza sotto il naso, oppure la compagna di un comico, che sale in aereo semisvestita, ma che sarebbe disposta a tutto pur di essere con lui, e non le importa se nemmeno l'aiuta a prendere la valigia dal nastro. 

domenica 15 agosto 2021

Ferragosto

"Hai mai provato la Nutella con i Tuc salati?"

"A me piace con i cracker."


"Ho visto la Lamborghini Urus."

"Se l'hai vista allora arriva,"

"È quindi? A me non piacciono i diamanti."


"Guarda che bella foto che ho fatto... Oh scusi, l'avevo scambiata per mio marito!"


venerdì 13 agosto 2021

Anfore

 Queste anfore le conosco bene perché ho cenato tante sere nel ristorante sopra la spiaggia del Pevero, una costruzione grandiosa, eppure completamente integrata nella natura, in cui si alternano archi di pietra e e spazi vuoti. E poi c'è la terrazza, nascosta e ampia, da cui ogni tanto si sente il fruscio dei cinghiali, che passano nel bosco poco sotto.

"Come mai quest'anno non avete aperto?" ho chiesto.

La risposta è stata un sospiro triste.

"Abbiamo trovato a malapena il personale per mettere in piedi la squadra qui, sulla spiaggia."


giovedì 12 agosto 2021

Costa Smeralda

Poi arriviamo qui e sembra che non ce ne siamo mai andati, sembra che non abbiamo saltato un anno, sembra che tutto sia uguale a prima. Solo ci sono le mascherine e è tutto un mettere e togliere, visto che qui si entra e si esce da un'altra parte. E appena andiamo in spiaggia e qualcuno ha ancora la mascherina abbassata, vediamo una squadra di massaggiatori cinesi, che girano tra gli ombrelloni, offrendo la loro arte. Incredibilmente trovano anche chi questa arte la apprezza e la richiede, così passano da un ombrellone all'altro, da una persona all'altra, spargendo l'odore dei loro oli, sciacqandosi a malapena, ogni tanto, le mani nel mare, in un modo che era contro ogni principio igienico già nell'epoca pre-covid. Chissà se tutti questi amanti dei massaggi sono stati favorevoli al lockdown e adesso benedicono il green pass! E chissà se tra un po' ci diranno che sono aumentati i contagi per colpa dei giovani che vanno nei locali, oppure se ci diranno che la colpa è anche dei meno giovani, che vogliono i massaggi ma non vanno nei centri estetici che rispettano i protocolli e che assumono dei professionisti.


Questo blog era nato per tutt'altro motivo, doveva essere una specie di guida ai ristoranti e agli alberghi in giro per l'Italia e l'Europa. Invece abbiamo smesso di andare negli alberghi e nei ristoranti e anche lo scopo di questa pagina è cambiato. A dire la verità non ha più nemmeno uno scopo preciso. Quando arriviamo ai Frati Rossi però tutto sembra rimasto come prima, come nel 2019. 

Il primo anno che siamo venuti in vacanza qui vedevamo il cartello con le indicazioni, ma passavamo oltre. Poi l'ultima sera avevamo prenotato in un ristorante che ci avevano consigliato e, arrivati lì davanti, non ci piaceva proprio. Non avrebbero fatto fatica a rimpiazzarci, noi invece avremmo fatto fatica a trovare un altro posto per cenare. Allora ci è venuto in mente I Frati Rossi. Per la prima volta ci siamo arrampicati sulla collina della Pantogia, con l'impressione che la macchina a noleggio non ce la facesse a salire su quelle salite così ripide. Non sapevamo bene dove stessimo andando, ma ogni tanto nel buio appariva un cartello che ci indicava la direzione. Abbiamo insistito e alla fine siamo arrivati in questo luogo magico e un po' nascosto. Un locale e nello stesso tempo un giardino meraviglioso. Non c'era posto e siamo partiti con il rimpianto di non esserci stati. 

Quando siamo tornati, due anni più tardi, avevo prenotato da Milano per la prima sera e abbiamo scoperto il loro fantastico pesce al coperto, oltre alle paste ricche di crostacei. E poi il gelato alla ricotta e al cioccolato piccante. Non ci ha mai deluso e quando arriviamo la prima sera è sempre qui, ad aprire le vacanze continuando quelle precedenti dal punto preciso in cui le avevamo lasciate. 


giovedì 5 agosto 2021

Sport

"Non hai fatto le Olimpiadi, non puoi capire" è diventato il nuovo "Non hai figli, non puoi capire."

Le Olimpiadi rendono particolarmente irritabili soprattutto quei genitori che da anni accompagnano i figli in piscina o in qualche palestra e si rivedono nei campioni olimpici. Non che i loro figli siano campioni, è solo che loro si sentono proprio campioni (in fondo hanno fatto parecchie strade e parecchio tifo nella loro vita). Un'eccezione c'è: mio suocero, che ancora oggi sbuffa al ricordo, tutt'altro che glorioso, delle strade fatte per portare e riprendere mio marito dagli allenamenti in piscina. Ma è appunto un'eccezione. Per tutti gli altri no, se tu hai fatto qualsiasi altro sport, non a livello agonistico (seppur brocco), non sai cosa sia fare sport e la tua opinione non è accettata, non puoi capire, non puoi sapere, non puoi nemmeno lamentarti dei giornalisti che trasformano una vittoria olimpica in una lezione di catechismo e il catechismo te lo fanno pure loro. 

Non che non sia stato bellissimo vedere Jacobs che tagliava il traguardo e abbracciava Tamberi, a bordo pista, avvolto nella bandiera dell'Italia, dopo aver appena vinto un oro. Quella è una delle scene che ti fanno amare l'amicizia e lo sport, ma, proprio per questo, non avvolgiamole in una melassa appiccicaticcia, lasciamo che queste scene siano felicità e amicizia e sogni realizzati. Invece no, loro, quei genitori lì, che hanno fatto le strade e il tifo, che hanno ospitato i compagni di squadra nelle loro case, la retorica la vogliono e vogliono anche la melassa, perché loro sanno quello che nessun altro può sapere. 

Eppure anch'io qualche partita a tennis l'ho persa. Ma il ricordo della mia partecipazione a un torneo di tennis ha poco a che vedere con il tennis in sé. È uno di quei ricordi di cui non si parla mai, che si vorrebbero dimenticare, ma che restano sempre lì, in tutto il loro disgusto.

La partita era un sabato pomeriggio, avevo preso l'autobus che ormai avevo imparato a prendere da un po', memorizzando la fermata e prenotando appena superata quella precedente. Non ricordo come fu che si avvicinò. So che iniziò a parlare, che notai subito qualcosa di strano in lui, l'impressione che fosse uno squilibrato la ebbi dall'inizio. Cercai di assecondato, sperando di liberarmene in fretta. Aveva circa vent'anni, io dieci o undici, ero una bambina, un'eternità ci separava. C'erano altre persone sull'autobus, qualcuno ci guardava, ma nessuno disse niente, nessuno fece niente, neanche quando mi tirò contro di lui. Sentivo le sue mani, non sapevo come allontanarlo. A ripensarci adesso, avevo la racchetta di legno, ma non credo che mi sia venuto in mente di usarla. Non sapevo cosa fare ma uno scontro fisico sarebbe stato svantaggioso. Quando arrivò la mia fermata, speravo che restasse sull'autobus, invece scese con me. Forse a fargli venire qualche remora fu il bar davanti alla fermata. O forse ebbe paura di altro. Mi accompagnò fino al portone del tennis, dal vetro avrebbero potuto vedermi, ma erano troppo lontani per sentirmi se avessi urlato. Schiacciai il pulsante del citofono, furono pochi minuti, lui era lì, adesso un po' distante, forse indeciso. Adesso rabbrividisco al pensiero di come sarebbe potuto finire. Bastava poco, in quella manciata di istanti, in quella sua indecisione, fui fortunata.

Giocai la partita senza nessun entusiasmo, contro una ragazza un po' più grande, gentile e carina, accompagnata dai genitori, che fingevano di tifare per me. Non potevano sapere che non pensavo ai punti della partita ma a quelle mani addosso, a quello che avrei fatto se l'avessi ritrovato all'uscita. Invece all'uscita non c'era, ripresi l'autobus nella direzione inversa e tornai a casa, mi fermai in cortile, continuai la mia vita di bambina e resta solo il ricordo di un episodio spiacevole.

Forse qualche volta mi è capitato di rivederlo, di incrociare lo sguardo, di riconoscerlo o di credere di riconoscerlo. Ma ero adulta, in grado di difendermi, non mi faceva più paura, solo rabbia. Magari è per questo che non amo gli agonismi e le competizioni: la prima volta non andò molto bene. 


sabato 31 luglio 2021

Le uniformi

Mia nonna diceva che il bello è essere diversi: avere le scarpe diverse, il vestito diverso, il taglio di capelli diverso. E parlava della divisa da piccola italiana come di un orrore. Non credo che gli altri suoi vestiti da bambina fossero migliori, ma credo che fosse il concetto di divisa, di omologazione, ad infastidirla.

Oggi manca proprio questo: il gusto per la differenziazione. Invece di coltivare la propria diversità, si cerca di nasconderla fino ad annullarla. E non è così solo per i vestiti ma per l'editing dei libri, per la scelta dei ristoranti e delle vacanze. Il che genera appiattimento e tristezza. Perché se le persone accettassero la propria diversità e la coltivassero, sarebbero molto più interessanti.

Ho ripensato alla sua avversione per le uniformi l'altro giorno, mentre si parlava di quelle delle atlete alle Olimpiadi. Se non amo le uniformi è merito suo, della sua voglia di giocare con i vestiti, di cambiarli. 

La mattina di trent'anni fa, quando ho alzato la tapparella della mia camera e ho visto il solito mondo di sempre, sapevo che da quel momento sarebbe mancato per sempre un pezzo nella mia vita.



giovedì 29 luglio 2021

Le Olimpiadi

Quest'anno anche le Olimpiadi sono lagnose.

La Pellegrini, che lagnosa lo è sempre, è entrata nella storia, come quasi ogni volta che si mette il costume. Dopo è arrivata settima e se arriva settima una che ha vinto come lei, forse era il caso di ritirarsi prima.

Poi c'è il caso di tutte quelle atlete che, sulla scia di Sarah Voss, vogliono coprirsi e non si capisce il problema: che si coprano e non ci facciano la morale, che di morali ne abbiamo già sentite fin troppe.

Saranno il periodo e l'età ma mi sembra infinitamente più bello quando Florence Griffith vinceva, lanciando la moda delle unghie disegnate, che è stata seguita da generazioni per almeno vent'anni, e diceva di credere nell'impossibile. Poi hanno detto che era dopata, ma almeno vinceva, si decorava le unghie, si disegnava le tute che voleva e non si lagnava.


sabato 24 luglio 2021

Discorsi

Circa un mese fa, quando siamo finalmente riuscite a trascorrere un weekend al mare rimandato più volte, mia madre si è lamentata del fatto che io stia pochissimo al sole:

"Se non stai al sole ti ammali e muori." 

"Addirittura??"

"No, per carità, però ti si spaccano le ossa."

Ho letto che Draghi, nell'introdurre il green pass, ha detto più o meno: "Se non ti vaccini ti ammali e muori." 



Viene da pensare che Draghi copi i discorsi da mia madre.

La settimana scorsa, mentre rientravo dal lavoro, ho sentito Parenzo che invitava i rider a sputare nei piatti che consegnano ai non vaccinati, banditi dai ristoranti, e mi sono chiesta se Parenzo creda che i rider siano vaccinati. In un mondo in cui non facciamo nemmeno sedere ai tavolini di un bar i non vaccinati, facciamo trasportare il cibo in giro per la città a persone alle quali non offriamo nemmeno un bagno per le necessità fisiologiche che possono capitare in una giornata.

Da vaccinata per scelta e per convinzione, sto iniziando io stessa a dubitare di aver fatto la cosa giusta perché dopo quasi due mesi non sono ancora uscita dall'incubo e nemmeno dalle paure che ci hanno instillato in questi mesi, perché continuano a ribadirci che anche da vaccinati possiamo ammalarsi e contagiare. E dopo nove mesi il nostro vaccino scadrà e allora? Dovremo smettere di vivere (di nuovo!) fino a quando saranno in grado di darci un altro vaccino? 

giovedì 22 luglio 2021

Succede

Succede che all'improvviso qualcuno muoia per un motivo diverso da quello di cui si continua a parlare. E allora restano le famiglie spezzate, le case disabitate, i giorni non vissuti, le cose da fare, rimandate, che non si faranno più. Perché la vita è così, non si rimanda, e tutto quello che non si è fatto non lo si farà mai più. Tutto il nostro tempo buttato non lo recupereremo più.

Il nostro tempo non è infinito, quando sarò sotto terra mi dispiacerà per le cose che avrei voluto fare senza riuscire perché ero impegnata in tutto quello che non avevo voglia di fare. 


lunedì 12 luglio 2021

Gli Europei

 All'inizio dell'estate del 2012, una domenica sera, eravamo andati a uno show cooking di Bottura in piazza Mercanti e poi, siccome lo show cooking ci aveva fatto venire fame ma non avevamo mangiato niente, eravamo andati da Fresco e Cimmino. La pizzeria era piena ma ci avevano trovato un tavolo. Da una parte della sala avevo visto un ex collega, che allora incontravo spesso e che adesso non vedo da anni e ci eravamo salutati con la mano, da un tavolo all'altro. Vicino al muro c'era una tavolata di soli uomini, di cui riconoscevo solo Mancini. Quando finì di mangiare e si alzò a fare la fila per pagare, un ragazzino cercava di avvicinarsi il più possibile, senza farsi notare, mentre la ragazza scattava la foto con il telefono. Noi guardavamo la scena e ridevamo. Anche Mancini si accorse, rise e si avvicinò al ragazzo per fare la foto.

Mi è rimasto il ricordo di una serata serena in un periodo un po' malinconico, di cambiamenti non cercati.

Ieri sera, quando mio marito mi ha detto che avevamo vinto, ho ripensato a Mancini che regalava una foto a un ragazzo timido e sono stata felice. 

lunedì 5 luglio 2021

Raffaella Carrà

"È morta Raffaella Carrà" è la scritta che mi si è parata davanti stasera quando ho aperto internet. È stato come se qualcuno avesse sparato alla mia infanzia, alla bambina che sono stata e al mondo di allora. Un'infanzia, una bambina e un mondo che non ci sono più da un pezzo. Ma adesso è proprio così. 

martedì 29 giugno 2021

Razzismo

Agli Europei, per ora, ha trionfato il pecoronismo ipocrita: o si inginicchiano tutti o nessuno (con buona pace delle opinioni individuali), se si inginocchia l'altra squadra ci si inginocchia (con buona pace degli ideali).

E il razzismo? Nel frattempo il razzismo avanza e si spreca ma nessuno se ne accorge se è rivolto ai milanesi. Il razzismo verso i milanesi è sdoganato e a scandalizzare è chi osa lamentarsi perché i milanesi - si sa - sono milanesi. Gli insulti verso i milanesi sarebbero insulti se venissero rivolti a chi proviene da qualsiasi altra parte, ma sono innocui e scontati se rivolti ai milanesi. E innocuo e scontato è dire che i milanesi servono solo per portare i soldi. 



martedì 22 giugno 2021

La maturità

In questo periodo, come sempre e come è naturale che sia, si fa un gran parlare della maturità. Da due anni è una maturità anomala, come tutto quello che è successo in questi nuovi anni Venti. La mia maturità è stata invece alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso e in certi momenti sembra davvero che sia passato un secolo, nonostante quegli anni li senta ancora così vicini. Erano anni frenetici, senza cellulari ma con telefoni fissi sempre attivi. Erano anni in cui si parlava di automobili con entusiasmo, senza pensare al riscaldamento climatico. Il caldo e le estati torride erano anzi una cosa bella perché permettevano di stare fuori e di incontrarsi. Non che in inverno e con il freddo non ci si incontrasse, ma era diverso. Sono quelli gli anni in cui mi sono formata. Anni di letture, di scoperte, di progetti. Eppure quando penso alla maturità - alla mia maturità - non me la ricordo più. "Non si dimentica mai," mi dice ogni tanto qualcuno. E invece io la mia me la sono dimenticata. Mi sono dimenticata dell'esame, intendo, mentre invece mi ricordo che la sera prima dell'orale ero andata al bowling. Mi piaceva quello che studiavo, perché studiavo soprattutto letteratura. Pensavo spesso a Heine, ma anche a Morten Harket. Alla domenica andavo a Le cinéma, che era dietro la casa di mio marito, ma lui dice che non ci andava perché era un posto da tamarri.



Dopo però il tempo è passato troppo velocemente e non so quanto di allora mi sia rimasto, anche se in questi due anni mi sono resa conto che mi è rimasto molto: gli anni Ottanta, in me, non sono mai morti del tutto. E nello stesso tempo mi è rimasta quella nostalgia di avere diciannove anni e ancora tutto davanti. Chissà se i ragazzi di adesso, alle prese con una maturità mutilata, avranno un ricordo ancora più evanescente del mio, oppure se la ricorderanno meglio proprio perché è stata unica e diversa. E chissà se ripensandoci conserveranno la stessa nostalgia di chi ha vissuto un periodo speciale. 

domenica 20 giugno 2021

Ritorno al museo

La settimana scorsa è stato il primo weekend fuori da settembre. Negli anni scorsi cercavo di trascorrere un weekend fuori ogni mese per sfuggire alla routine e soprattutto per non morire di routine. Un weekend fuori dura di più, anche se il sabato e la domenica hanno esattamente lo stesso numero di ore. E ogni tanto una notte in albergo, con un letto che non è il nostro, una doccia diversa, ci fanno bene. 



La cosa più bella è stato girare per le sale del Mart e portarmi dietro le immagini di una bellezza di cui per troppo tempo siamo stati privati. Le mostre erano tutte molto belle ed emergevano la passione e l'amore per l'arte di chi le ha preparate. È stato bello rivedere le donne di Boldini, anche quelle che avevamo visto pochi anni fa a Forlì, ma è stato bello soprattutto vedere il modo in cui Raffaello sia stato studiato e reinterpretato da De Chirico, Dali e Picasso. Allo stesso modo è stato bello osservare il modo in cui la Venere di Botticelli è stata trasformata e rivissuta dagli autori contemporanei. 

Perché? Mi chiedevo mentre camminavo per quelle sale ? Perché ne abbiamo fatto a meno per tutto questo tempo? È possibile visitare una mostra in condizioni di maggiore sicurezza di quando si va a fare la spesa in un supermercato, ma non è stato considerato ugualmente essenziale. 

domenica 6 giugno 2021

Ristoranti


Ieri finalmente siamo tornati nel nostro ristorante preferito. È il ristorante vicino a casa, che abbiamo scoperto qualche anno fa, appena aveva aperto. Il proprietario e il personale sono ormai amici, persone che vediamo volentieri, e il piacere di chiacchierare con loro si unisce al piacere di una cucina di ricerca, che gioca con l'accostamento dei sapori, con il gusto per i contrasti. Il ristorante di Edoardo è cambiato parecchio in questi anni, mantenendo ed esaltando la sua linea elegante e l'amore per i prodotti di qualità.
Edoardo è un ragazzo giovane, il ristorante è cresciuto e cambiato con lui e probabilmente cambierà ancora. Appena si entra nel locale si notano l'entusiasmo e l'amore per il suo lavoro. Entusiasmo e amore che condivide con le persone di cui ha scelto di circondarsi. I ragazzi come Edoardo e il suo team sono la nostra migliore gioventù, quella che lavora, che si impegna, che investe, che ama il bello e la qualità e li mette in quello che fa.
È per i ragazzi come loro che mi è dispiaciuto in questi lunghi mesi, i ragazzi che non sognano il reddito di cittadinanza e di cui un paese ha bisogno se vuole mantenere un sistema di welfare. Mi è dispiaciuto perché se spegniamo l'entusiasmo di questi ragazzi, se togliamo loro la possibilità di lavorare, il nostro paese è morto.
In questi giorni, in concomitanza con la riapertura dei ristoranti, si è aperta però anche la questione della difficoltà di trovare il personale. Nel primo articolo che ho letto, poneva il problema Ciro Oliva, che lamentava il fatto che i ragazzi preferiscono prendere il reddito di cittadinanza o fare un lavoro in nero, piuttosto che lavorare con un regolare contratto e uno stipendio - nella migliore delle ipotesi - di poco superiore al reddito.
Ieri ne ha parlato Gramellini, con un articolo sugli "stipendi alla carlona". 
In parte, probabilmente hanno ragione sia Gramellini che Ciro Oliva: la situazione è difficile per tutti e da entrambe le parti ci sarà chi se ne approfitta. Ma poi, da entrambe le parti, c'è chi invece soccombe. 
È stata rispolverata la legge della domanda e dell'offerta e la solita storia del capitalismo che sfrutta e non vuole pagare le risorse in modo equo. Si è dimenticato però che, proprio in base alla legge della domanda e dell'offerta, il prezzo equo delle risorse viene stabilito nel punto in cui domanda e offerta di un bene si incontrano, ma quel punto varia di volta in volta, in base a diverse variabili. In questo momento, dopo mesi di chiusura, il punto di incontro non può più essere quello pre-covid. I datori di lavoro non saranno più disposti a pagare il lavoro quanto lo pagavano prima, magari non per loro volontà ma perché non sono più in grado di farlo. Oppure perché stiamo comunque parlando di persone e le regole matematiche non valgono più o valgono meno. Il lockdown quasi improvviso, senza una scadenza, ha creato uno choc nelle persone che è destinato a ripercuotersi sull'economia. Si è creato un precedente per cui molte meno persone saranno disposte ad investire in un'attività e ancora meno a indebitarsi per investire. 
Chi maledice il capitalismo e in qualche modo esulta perché ne intravede la fine, dovrebbe rendersi conto che alla base del mancato incontro tra domanda e offerta c'è una variabile non proprio capitalistica: il reddito di cittadinanza, che rende poco conveniente lavorare allo stipendio che i ristoratori sono in grado di pagare. 
D'altra parte, per un lavoratore, soprattutto per chi non percepisce il reddito di cittadinanza, è problematico lavorare ad uno stipendio troppo basso perché il costo della vita non è diminuito, al contrario è aumentato ed è destinato ad aumentare, visto che si parla di aumento dell'IVA. In Germania un anno fa l'IVA è stata abbassata dal 19 al 16%. In Italia, con un'aliquota al 22%, si sta pensando di alzarla, aumentando quindi il costo dei beni ed erodendo potere di acquisto. L'avidità fiscale, che non è certo una prerogativa capitalista, è un altro elemento che rende impossibile l'incontro tra domanda e offerta e rischia di bloccare i consumi, oltre che di strozzare gran parte della popolazione. 
La situazione è complicata e i nodi che stanno emergendo sono quelli che mi aspettavo sarebbero emersi fin dal primo lockdown. Quando si spegne un paese e si distrugge un tessuto produttivo e commerciale, poi è complicato farlo ripartire, si mettono in moto dinamiche e si generano squilibri difficili da prevedere e da arginare. E sicuramente non si uscirà da questa situazione con i vecchi schemi ideologici di odio per il capitalismo, di imposizione fiscale rapace, di scontro tra diverse categorie della stessa popolazione. 

venerdì 4 giugno 2021

Si può

Da domani si potrà fare la doccia dopo la palestra. Da ieri si può cenare al chiuso e prendere il caffè al banco. Tra pochi giorni potremo tornare a casa a mezzanotte. Forse tra qualche settimana potremo persino sederci a tavola in più di quattro.

Non resta che aspettare il giorno in cui saremo un po' meno scemi. 


mercoledì 26 maggio 2021

Il mondo che vorrei

Ieri sera, da quando sono uscita dal lavoro, nelle trasmissioni e nei notiziari, non si fa altro che parlare di Aurora Leone, che voleva giocare a calcio e è stata cacciata.


Io vorrei vivere in un mondo in cui un uomo - se lo pensa - può dire che non ritiene il calcio uno sport adatto alle donne. E nello stesso mondo vorrei che le donne - se vogliono giocare a calcio - siano capaci di fregarsene e giocare lo stesso.

mercoledì 19 maggio 2021

Gruppi di lettura Facebook

 Ci sono libri che nei gruppi di lettura di fb non si pubblicano, lo sappiamo tutti. Non c'è una regola precisa, è che non si fa perché qualche benpensante potrebbe non sopportarlo e restare così traumatizzato da partire con una raffica di insulti indignati. Ma d'altra parte, essendo dalla parte della ragione, può permettersi di insultare.

Poi qualcuno arriva anche a mettere foto con la testa in giù e probabilmente si sente di aver fatto qualcosa di molto bello e divertente, senza rendersi conto di aver fatto invece qualcosa di molto grave e per niente divertente. Ma la foto resta lì per ore, fino a quando ad essere cancellato è tutto il post. Perché poi il post viene cancellato, anche se era scritto bene, ma i benpensanti non possono davvero sopportarlo.

Eppure ci sono almeno una quindicina di post su "Stai zitta" della Murgia, seguiti da una serie infinita di commenti di delirio sul patriarcato. Ma quelli stanno lì, tutti quanti, e i benpensanti, che si sentono colti e intelligenti, magari li considerano anche letteratura. E ci stanno anche quei post inutili, perché scatenano una raffica di elenchi di titoli senza altre parole. E ci stanno anche quando sono scritti con errori evidenti di ortografia, ma guai a farlo notare, che è da cafoni e non sia mai che chi ha fatto l'errore debba sentirselo dire.

Che poi tanto restano anche quei post amorevolmente scritti da amministratori che ammettono candidamente di non aver nemmeno aperto il libro. Gli stessi amministratori che cancellano i post che danno fastidio ai benpensanti.

Io proprio non capisco. 

sabato 15 maggio 2021

Letture


Ogni tanto arriva la notizia che in questo anno e mezzo abbiamo comprato più libri. È una notizia che viene data sempre con entusiasmo, come se all'improvviso fossimo diventati tutti molto intelligenti. A parte che non esistono dati che indichino quanti di quei libri siano stati effettivamente letti, i maggiori acquisti sono comunque controbilanciati dal fatto che non siamo più andati né al cinema né al teatro e neanche a una mostra o in un museo. Di quel dato bisognerebbe poi specificare quali libri sono stati acquistati, perché non è che sia uguale leggere una cosa o un'altra e non è che vada bene tutto purché si legga. Forse, se avessimo letto meno ma meglio, non ci faremmo propinare discorsi sul coprifuoco alle 22 o alle 23.

Estati


Pausa pranzo. Una collega è felice perché tra poco le sue figlie avranno finito la scuola. L'altra invece no, è preoccupata perché sua figlia non vuole fare l'animatrice all'oratorio. Senza pensare, dico che la capisco, che in fondo sono le sue vacanze, neanch'io vorrei fare l'animatrice all'oratorio. Mi guardano perplesse. "Io andavo sempre all'oratorio." "Anch'io". E poi, in coro: "Ma cosa facevi?"

A questo punto mi mancano le parole, mentre mi passano davanti le immagini di tante estati di sole e caldo. E niente, certe cose bisogna viverle, non si possono raccontare.

giovedì 6 maggio 2021

L'ignoranza

Noto che l'ignoranza fa sempre più spesso tenerezza. L'ignoranza genera indulgenza, voglia di lasciar correre, di giustificare.

A me l'ignoranza esaspera. Non riesco (e non ho più voglia) di capire e di giustificare. Posto che non si può sapere tutto, essere esperti di tutto, ci sono cose che si devono sapere e chi non le sa dovrebbe sbrigarsi ad impararle. Non importa saper riconoscere le musiche di Mozart o aver letto Lolita, ma non si può non conoscere Mozart o non conoscere Lolita. Non si può scrivere "qual'è", come non si può confondere "ha" da "a".

Invece succede sempre più spesso e sempre più spesso ci si trova a dover lasciare perdere e a provare quasi rispetto, con il risultato che sempre più spesso l'ignoranza ci viene sbattuta in faccia, quasi come un vanto.

sabato 24 aprile 2021

Sarah Voss

Sarah Voss è una ginnasta e ha deciso di esibirsi con una tuta lunga fino ai piedi. Una tuta che è una seconda pelle, più o meno simile a quelle che indossavamo in palestra (quando andavamo in palestra) in inverno. Perché poi in estate diventavano insopportabili. Ma se una aveva voglia di mettersela, se la metteva e non importava a nessuno. E probabilmente non sarebbe importato a nessuno della tuta di Sarah Voss, se lei e i giornali non avessero deciso di farne una bandiera moralistica. Come se quella tuta superaderente fosse un'arma per combattere l'oggettivazione delle donne, per mettere fine agli sguardi viziosi e bavosi di quegli uomini che, a quanto pare, guardano gli eventi sportivi solo per vedere la pelle scoperta. E allora che le donne si coprano, questa è la conclusione, che lascia - non detto - il retropensiero che le altre, quelle che vanno avanti per la loro strada, quelle che se ne fregano degli sguardi viziosi e bavosi, perché pensano che non siano un problema loro ma di chi li lancia, ecco, quelle donne lì un po' complici lo sono: sono loro, con il loro atteggiamento, con il loro essere libere, a non essere libere, ad alimentare la cultura per cui le donne debbano essere un oggetto da guardare.

Ho paura che tra poco non sarà più una libera scelta indossare una tuta oppure un'altra. 

venerdì 9 aprile 2021

Diffidenza


Rientro a casa a metà pomeriggio. Casella della posta comune aperta. Cancello socchiuso. Portone appena accostato. Un fruscio sulle scale, una tiziona che non conosco che mi guarda con gli occhi torvi. Che abbia svaligiato un appartamento? Che stia tentando di svaligiare un appartamento? E se mi desse una spinta e mi buttasse giù dalle scale? Nel momento in cui stavo per lanciare un urlo da antifurto, mi sono accorta dello sguardo, spaventato quanto il mio, sul viso nascosto dalla mascherina.

"Lavoro qui", mi ha detto indicando una porta. "Ho finito adesso."

domenica 4 aprile 2021

Un'altra Pasqua

Dopo quattordici mesi in cui si è rimandato il momento in cui iniziare a vivere per salvare il momento successivo, dopo un numero impressionante di morti, siamo ancora al punto di partenza, con un'altra Pasqua buttata. Con le seconde case sequestrate e le prime minacciate da controlli che due anni fa ci avrebbero fatto ridere.

Il problema è che le nostre Pasque non saranno infinite e le giornate perse sono perse senza rimedio. 

sabato 27 marzo 2021

Lo stendibiancheria


È quando ti guardi intorno al supermercato e vedi sbarrati gli stendibiancheria e le assi per stirare che ti rendi conto di quanto spazio abbiamo lasciato alla follia. Che problema sanitario ci sarà se, insieme alla frutta, si compra uno stendibiancheria? E perché non si possono comprare alcuni tipo di piatti e altri invece sì? Perché le pentole no e le fruste elettriche sì? E perché, quando si è in zona gialla, questi stessi prodotti non possono essere venduti prima delle 10?

Se un anno fa, quando vivevamo nel migliore dei mondi finora mai esistiti (almeno questo possiamo riconoscerlo) abbiamo accettato tutto questo, abbiamo permesso che qualcuno decidesse al posto nostro cosa fosse essenziale e cosa no per noi, cosa potessimo comprare e cosa no, significa che un virus c'era già, che girava fra noi quando uscivamo di casa, quando andavamo al ristorante o in vacanza. 

mercoledì 24 marzo 2021

Non solo il virus?

Secondo un mio amico non può essere solo il virus, ci deve essere qualcos'altro. Io non lo so, però penso più all'incapacità della classe politica attuale (non solo italiana) che è stata travolta dal virus e dal non sapere cosa fare. E poi ci abbiamo messo del nostro anche noi: il 20 febbraio 2020 se mi avessero detto che ci voleva una giustificazione per uscire di casa avrei riso, avrei pensato a chissà quale rivolta. Poi l'8 marzo ho visto la follia anche tra persone che conoscevo e con cui ero uscita a cena, che pensavano solo a tumularsi in casa e a far stare in casa gli altri. Ho visto persone che scrivevano sulla pagina del sindaco per lamentarsi di altre persone che uscivano, che approfitta vano dell'uscita del cane per sedersi su una panchina e prendere il sole. Nel giro di pochissimi giorni è cambiato il mondo e in modo ingiustificato. Negli anni ci sono stati focolai di meningite, che continua ad essere una malattia molto più grave del covid, eppure nessuno ha pensato di bloccare un paese, abbiamo continuato ad andare al cinema, a girare per il centro, ad andare in discoteca. Forse sbaglio e davvero c'è altro ma per me tutto è stato reso possibile da una follia collettiva, una vigliaccheria che non ci fa vivere per paura di morire. Ne usciremo quando decideremo di uscirne, quando buttare via la vita ci farà più paura di rischiare di morire. Oppure quando non potremo più farne a meno. In ogni caso, ci chiederemo perché mai abbiamo accettato tutto questo. 

sabato 20 marzo 2021

L'eutanasia


La Spagna ha approvato l'eutanasia. È da almeno trent'anni che aspetto che lo faccia l'Italia e per motivi esclusivamente egoistici. Eppure oggi mi danno davvero fastidio i commenti illuminati di chi dice che loro sono avanti e noi siamo gli unici indietro e tutto il resto. Non so se gli stessi che vorrebbero la libertà di scegliere l'eutanasia si rendano conto che da oltre un anno stiamo vivendo una non-vita per la paura di morire. Mi sembra che in questo anno abbiamo fatto di tutto per negare il principio che dovrebbe essere alla base dell'eutanasia, quel principio per cui è meglio morire in pace che restare per anni immobili in un letto.

domenica 21 febbraio 2021

L'ultimo giorno

Oggi ho letto tantissimi post di ricordi di un anno fa. A me fb non dà nessun ricordo di quel 21 febbraio 2020 perché per me era stato un venerdì come tutti gli altri, proiettato su un weekend in cui dovevo distribuire diverse cose da fare, con l'unico punto fermo di una domenica al teatro per uno spettacolo a cui tenevo molto, "La coscienza di Zeno". In questo anno ho ripensato spesso a quell'ultimo venerdì, l'ultimo giorno della normalità, come la intendevo io, come me l'ero scelta. Non mi ero stupita più di tanto alla mattina, quando mio marito mi aveva detto che c'era un caso a Codogno: sapevamo che sarebbe successo perché le notizie che lui riceveva dalla Cina non erano tranquillizzanti, nonostante i vari inviti ad abbracciare i cinesi, che però non si abbracciavano nemmeno tra di loro, e nonostante la sera prima ci fosse stata la cena delle bacchette.

È stato il giorno dopo, quando sono entrata nello spogliatoio della palestra e l'ho trovato deserto che ho capito che qualcosa si era incrinato e non si sarebbe raddrizzato facilmente. Non era il vuoto di armadietti liberati di corsa alla sera, da qualcuno che correva a una cena, a un appuntamento, oppure semplicemente a casa, per una serata tranquilla dopo una giornata frenetica. Era il vuoto innaturale di un sabato pomeriggio e quel piano si è inclinato sempre di più nel giro di poche ore, facendo precipitare tutto quello che era normale. Mi sembrava di essere la spettatrice esterna della follia di un mondo in preda al panico, di una civiltà votata all'autocancellazione. Poi pensavo che forse la pazza ero io, ma il dato reale e incontrovertibile che in molti - troppi - non vogliono vedere è che abbiamo distrutto il nostro mondo ma non abbiamo nemmeno salvato le persone. In questo anno mi sono sentita dire che ci si può incontrare anche sulle piattaforme internet e che ero legata a un mondo superato. Un mondo in cui si andava al cinema, al ristorante, si prendeva un aereo per trascorrere il weekend in una città europea e si tornava al lavoro il lunedì. Me lo sono sentita dire anche da persone che hanno scoperto i social network dopo di me, che hanno sempre usato internet meno di me. Ma io non ho mai pensato che un social network potesse sostituire un caffè dal vivo, non ho mai progettato di trasferire la mia vita su una piattaforma internet.

Se avessi pubblicato qualcosa sarebbe stata questa foto, rimasta sul telefono, scattata mentre mio marito mi accompagnava al lavoro il lunedì successivo. È la foto di una città confusa, dopo un weekend cancellato.


mercoledì 17 febbraio 2021

Giacche

 "Ho dovuto cucire un bottone della giacca," dico.

"Devi comprare le giacche come quelle della von der Leyen, con la lampo," dice.

"Ma ti rendi conto che abbiamo affidato l'acquisto dei vaccini a una che non sa neanche comprarsi una giacca??"

"Inizi già??"

OK, vado a lavorare. 🙄


mercoledì 10 febbraio 2021

Un anno fa


Tra i ricordi di fb mi appaiono queste due foto. È stata l'ultima volta in cui sono andata in centro, l'ultima in cui sono andata al cinema. Mia sorella non era venuta perché da una decina di giorni aveva una bronchite che non le passava e oggi ci chiediamo cosa fosse. Mi ero incontrata con Daniela davanti alla Rinascente, eravamo entrate a prendere un caffè al bar, prima che il film iniziasse, avevano tentato di propinarci un cappuccino alla soia, che avevamo rifiutato inorridite. Né io né lei avevamo visto il festival di Sanremo, ma quel giorno si faceva un gran parlare di Morgan e Bugo e io avevo scoperto che esiste un cantante che si chiama Bugo.

All'uscita dal cinema pioveva, la galleria era piena di gente e era normale perché era domenica e nessuno si lamentava che ci fosse troppa gente in giro. Dopo aver salutato Daniela, avevo incontrato un amico comune, mi ero girata a cercarla, ma era impossibile vederla e forse si era già allontanata, sotto la pioggia, con il suo motorino rosa.

Quando sono arrivata davanti a Marchesi ho pensato che non avevo pranzato, mi sono presa un cappuccino e una fetta di panettone, l'ultima anche quella.

Accanto a me c'era una ragazza cinese che si guardava in uno specchietto portatile. La galleria, dalla finestra, mi era sembrata bellissima e avevo scattato le foto. Adesso penso che fosse bellissima tutta quella normalità di una domenica qualunque, con gli impegni della settimana davanti e tutti i progetti di altri cinema e teatri.


domenica 31 gennaio 2021

La zona gialla


Comprare il kettlebell mi era sembrata la cosa migliore per superare questo momento, che mi auguravo fosse il più breve possibile. Adesso, ogni volta che lo prendo, insieme agli elastici e a qualche altro attrezzo comprato su internet, mi prende una gran tristezza, perché questo periodo temporaneo sta diventando lunghissimo, forse eterno. Perché tutto questo mi fa sentire ancora di più tutto quello che abbiamo perso nel giro di poco tempo. Per prima la libertà di scegliere.

Nel frattempo siamo stati tutti felici perché da lunedì saremo in zona gialla e in pochi minuti abbiamo superato la delusione di dover sacrificare ancora la domenica. La zona gialla ci è sembrata un orizzonte di libertà e di felicità che finalmente diventa accessibile. Ho iniziato a pensare ad un posto dove andare a pranzo il prossimo weekend e poi anche un giorno in settimana, durante la pausa pranzo. E sono così tanti i posti dove vorrei tornare e poi è così difficile incastrare la ricerca del parcheggio e i tempi di un pranzo con lo spazio della pausa pranzo. E tutte le cose da fare nel weekend sono così complicate da spaccare con un pranzo. E mi sono ricordata che io non amo i pranzi, perché all'ora di pranzo vado sempre di corsa e invece uscire a mangiare è anche rilassarsi dopo aver corso, ripensare alla giornata quando è già finita, quando finalmente ci si ferma e si parla e ci si può concentrare su altro.

Siamo contenti per la zona gialla, ma c'è ancora un coprifuoco che non si sa quando finirà, ad un orario che da adolescenti non avremmo mai accettato dai nostri genitori, e di cui adesso non parliamo nemmeno perché ormai fa parte di noi e della nostra vita. E dalla nostra vita si stanno allontanando sempre di più i cinema, i teatri, i weekend. Davvero niente è più pericoloso dell'abitudine. 

domenica 10 gennaio 2021

La vita che mi manca


Oggi ho fatto gli auguri al mio amico per telefono, da uno stato all'altro, a pochi chilometri di distanza, e ho continuato a pensarci per tutto il giorno: è questo che mi manca. È uscire dal lavoro, con la borsa già pronta in macchina e correre in un'altra città, inseguendo un ritardo inevitabile. È un albergo semideserto, la doccia in un bagno che non è il mio e non so come funziona. Una corsa verso il ristorante, con i capelli bagnati perché non c'è tempo di asciugarli, una tavolata di amici, con discorsi nuovi e vecchi che si incrociano. Le foto tutti accatastati, senza paura di contaminarsi, con lo chef che reclama perché vuole partecipare, e alla fine il ritorno in albergo, con calma, guardando le luci sull'altra sponda del lago, che ci ricordano un mare di cui abbiamo sempre nostalgia. Un letto in cui è difficile addormentarsi e poi la sveglia che suona sempre troppo presto. Un ultimo sguardo al lago dal balcone, quando è ancora notte, un'altra corsa al contrario, di nuovo in ufficio, un'altra giornata, che si porta dietro l'allegria della serata.

È questo che mi manca: tutta questa vita rubata e sprecata. Forse tra non molto ci chiederemo cos'abbiamo fatto.

venerdì 1 gennaio 2021

Capodanno

A Capodanno ci si sveglia tardi, tardissimo, più tardi delle altre domeniche, perché Capodanno è una domenica, na un po' diversa. A meno che non si sia via, per qualche viaggio, e allora ci si sveglia come gli altri giorni, ma è molto più bello, perché svegliarsi in albergo e in un'altra città è davvero vacanza. Mi mancano i risvegli in albergo. Due anni fa mi ero risvegliata a Londra, mi ero rappacificata con una città nella quale non andavo da tempo e che non avevo mai amato veramente. Adesso mi manca Londra e non so quando ci tornerò. Non so quando si tornerà a viaggiare e ad avere una vita come quella di prima, in cui si può scegliere se dormire o andare a Londra. Soprattutto non so se quella vita tornerà. Il 2020 si è portato via questo: la nostra vita, la nostra possibilità di sceglierei come volevamo viverla. La mia generazione, cresciuta col vietato vietare, con l'illusione di poter scegliere, di poter volare da una parte all'altra del mondo, sembra essersi abituata di buon grado alla battuta d'arresto, rassicurata dal fatto che qualcun altro scelga al posto suo, impigrita da ritmi lenti, scadenze cancellate, giornate sempre identiche e non più frenetiche, perché non c'è più niente da fare. Il 2020 ci ha tolto le cose per cui vale la pena di vivere e di sacrificare spazi di vita, ci ha fatto sprofondare in un limbo in cui la vita si consuma da sola.